venerdì 29 febbraio 2008

Usa, record della galera

Primato mondiale: «dentro» un americano su cento


Gli Stati uniti d'America hanno demolito un altro primato mondiale: uno studio del Pew Center ha scoperto che la popolazione carceraria americana è la più consistente del mondo. Oltre l'1% della popolazione adulta nell'anno in corso ha passato del tempo dietro le sbarre.Gli Usa non hanno detronizzato nessuno, il primato era già loro, ma le cifre hanno raggiunto il massimo di tutti i tempi. Quest'anno sono stati arrestati 2,3 milioni di cittadini americani, molto di più che in altri paesi con grandi popolazioni carcerarie come Cina (1,5 milioni di carcerati), Russia (890mila) o Iran. La percentuale degli Stati uniti è di 750 carcerati ogni 100mila abitanti: in Sudafrica è di 341, in Iran di 222, in Cina «solo» 119. Monumentale anche l'entità della spesa carceraria, che aumenta a un ritmo sei volte maggiore della spesa per l'istruzione secondaria, per un totale di 55 miliardi di dollari l'anno. Secondo il Pew Center, l'aumento dei carcerati non rispecchia un aumento dei crimini ma solo un inasprimento generalizzato delle pene. Alcuni stati come Texas e Kansas hanno cercato di spopolare le galere sostituendo le pene carcerarie con sanzioni diverse (obbligo di firma, lavoro per la comunità eccetera). Scorporando i dati emergono altre sorprese. Tra i maschi tra i 24 e i 30 anni uno su trenta è in galera, ma tra i maschi neri della stessa età è dentro uno su nove. E' in carcere una donna bianca ogni 355, ma una donna nera ogni 100.

lunedì 25 febbraio 2008

La politica dei cannoli

di FRANCESCO MERLO da repubblica.it

Berlusconi e il suo scudiero Micciché hanno ammazzato "cummari Turidda". E non è la Cavalleria rusticana. In nome della solita politica sicialiana dei cannoli il cavaliere Berlsuconi, sorretto alla staffa da Miciché, ha infatti fatto fuori Stefania Prestigiacomo, la bella Turidda malandrina di Forza Italia. Al suo posto, come avevamo amaramente e facilmente previsto, il candidato del centrodestra al governo della Sicilia è Raffaele Lombardo. Mummia replicante di Totò Cuffaro che, dato per spacciato per motivi giudiziari, fu proditoriamente insolentito dalle furbizie dei suoi ex amici Micciché e Dell'Utri alla ricerca truffaldina di un'immagine antimafia, di una faccia pulita, di un progetto rigeneratore con cui catturare la buonafede degli allocchi, dei siciliani presunti allocchi. Senza alcuna ironia, Micciché aveva chiamato la morte apparente di Cuffaro "rivoluzione siciliana", ma era solo l'accanimento della iena sul cadavere dell'amico. Perché una cosa deve essere chiara: umanamente Cuffaro vale molto più del suo interessato denigratore che ha sempre e solo lucrato. Prima, sulla fortuna elettorale di Cuffaro e, dopo, sulla sua sfortuna giudiziaria. Il bottino della transazione fintamente anticuffariana è la promessa che ieri gli ha fatto Berlusconi di una poltrona ministeriale. Già sprofondato nel suo feuteuil, ieri il pugnace Micciché ha detto: "Una volta al governo, difenderò la Sicilia e sarò il garante del rinnovamento". Una comica siciliana così prevedibile e banale non avrebbe meritato alcuna considerazione se non ci fosse stata di mezzo l'idea della doppia candidatura pulitamente femminile a sinistra come a destra, Finocchiaro-Prestigiacomo, due donne come risorsa di semplice genialità: antimafia e antiretorica, antivischiosità e antivittimismo, anticlientele e antipolitichese, anticannoli e anti vasa-vasa. E ancora: contro l'onnipotenza impunita della burocrazia regionale, contro i nani e contro i padrini...
La bellezza antimafia era una bella invenzione che circolava in Sicilia da un po' di tempo e che tutte le persone per bene, di destra e di sinistra, corrette e scorrette politicamente, si erano augurate che si avverasse: sui giornali regionali, nei convegni universitari, nei salotti, nei club, nella Sicindustria, nei sindacati... Ebbene, il furbo Micciché ha capito che la trovata poteva tornargli utile e, nel giorno della famosa condanna festeggiata a cannoli, l'ha subito usata contro Cuffaro. Finché ieri, ottenuta come ricompensa la promessa del ministero, Micciché si è rassegnato a fare a meno della Prestigiacomo, si è rialleato con Cuffaro e ha benedetto Lombardo, pur lamentando con i cronisti la pressione "esercitata sul povero Berlusconi" da parte della "solita Sicilia pirandelliana" che, per la verità, non esiste se non come alibi del malaffare e come trastullo dei letterati impotenti. Dunque ieri Micciché citava e ricitava Pirandello. Ma sentite come ha spiegato il paradosso del partito di Casini-Cuffaro, l'Udc, che a Roma è contro Berlusconi ma in Sicilia è il suo alleato più prezioso. Gli ha chiesto il cronista dell'Ansa: "Nessun imbarazzo a livello nazionale?". Risposta di Micciché: "Evidentemente c'è un motivo per cui Kafka è nato a Vienna e Pirandello è nato in Sicilia". A questo punto il cronista dell'Ansa si è voltato verso un collega e gli ha domandato: "Ma Kafka non nacque a Praga?". Per la verità Micciché, professore immaginario che nel suo sito si spacciò per docente "nel Dottorato di ricerca in Trasporti", era stato già animatore di altri dibattiti culturali e meriterebbe, solo per questo, un ministero in "Male figure e strafalcioni". Fu per esempio coprotagonista di un duetto con il regista Luca Ronconi, al quale ingiunse di eliminare dalla messinscena siracusana delle Rane di Aristofane le caricature di Berlusconi, Bossi e Fini. "Ma questo chi è?" chiedeva Ronconi. "E' Micciché" gli rispondevano. E Ronconi: "Micci-chi?". Al di là degli infortuni culturali del suo staffiere siciliano (ne lasciamo l'elenco completo ai cabarettisti), ieri Silvio Berlusconi ha definitivamente consegnato la candidatura di governatore della Sicilia a Raffaele Lombardo, il più spregiudicato, il più potente ma anche il più banale dei politici della Trinacria ("trinacriuti"), l'uomo che ha scoperto il leghismo siciliano dopo le mirabolanti stupidate di Bossi e dopo l'indecorosa sepoltura dei sicilianismi d'antan di vacua presunzione, dai Vespri siciliani a Tasca Bordonaro a Canepa e, scadendo via via nel ridicolo, da chi voleva la Sicilia annessa agli Stati Uniti a chi la voleva (s)connessa alla Libia. Sino appunto agli attuali mostri dello Mpa (Movimento per l'autonomia) che coniugano il papismo borbonico con il vittimismo antieuropeista, la voracità dell'euro-accattonaggio con il ricatto ministeriale. E dunque: voli gratis per i siciliani, benzina a metà prezzo, "quote" siciliane ovunque si possa "bagnare il becco": in siciliano "bagnarisi 'u pizzu". Insomma Lombardo piazza un proprio uomo ubiquitariamente, purché ci sia lucro: dalle politiche agricole a quelle dei trasporti, dalla sanità all'istruzione, Lombardo gestisce una caccia al tesoro delle finanze derivate che mai nessun altro notabile meridionale aveva mappato con altrettanta, meticolosa, puntuale accuratezza "geocratica". Ecco: Lombardo ha elevato all'ennesima potenza il leghismo del mendicante. Da un punto di vista elettorale, Lombardo ha perfezionato il modello ruspante del suo profeta Cuffaro e oggi controlla il territorio proprio come i barboni presidiano gli ingressi delle chiese, le stazioni della metropolitana e le entrate dei supermercati. E sono entrambi medici, Lombardo e Cuffaro, come vuole il nuovo potere politico nel Meridione. Signori delle corsie, i medici al Sud sono spesso i nuovi ricattatori della salute - "o il voto o la vita" - , e gli ospedali sono le scuole di fedeltà, i luoghi dove si coltiva il consenso: hanno preso il posto delle sezioni di partito. Ebbene, in questa nuova politica del territorio, Lombardo sta a Cuffaro come Marx stava a Saint-Simon: il lombardismo è il cuffarismo scientifico. E infatti esteticamente la differenza è riassumibile nei baci che Lombardo non dà e nei baffi che Cuffaro non ha. Baci, baffi e cannoli: non dico che la Sicilia deve a Berlusconi tutto il corredo iconografico dell'antropologia del suo potere più sguaiato. Ma certamente Berlusconi ha perduto anche questa occasione storica: liberare la Sicilia dai baffi mongoli di Lombardo, dai baci levantini di Cuffaro, dai cannoli mafiosi, dai Kafka viennesi di Micciché e forse, finalmente, anche dall'abuso di Pirandello...: il prossimo che lo cita lo mandiamo all'ergastolo - 141 bis - e buttiamo la chiave a Praga. Tanto, loro la cercheranno a Vienna.
(25 febbraio 2008)

martedì 19 febbraio 2008

Liberadonna. Firma e diffondi la petizione.

"L’avidita’ finanziaria, la sete di potere e i fanatismi religiosi tengono il mondo stritolato in una morsa di violenza. Ma in questa violenza generalizzata, c’e’ una violenza particolare perpetrata su una parte consistente dell’umanita’ che e’ la parte femminile. Questo attentato permanente a meta’ del genere umano attraversa spazi, tempi e ideologie e su di esso si accentra il peggio della specie. E non avra’ senso alcuno predicare la democrazia, o la pace o un qualunque Dio o una qualunque ideologia, se prima questa aberrazione profonda non sara’ risanata".

Viviana Vivarelli

Parte via web un appello ai leader del centrosinistra per dare una risposta all’offensiva clericale contro l’aborto e la norma che lo regola. Si puo’ firmare all’indirizzo
www.firmiamo.it/liberadonna

Ecco il testo della petizione:

"Caro Veltroni, caro Bertinotti, cari dirigenti del centro-sinistra tutti, ora basta! L'offensiva clericale contro le donne – spesso vera e propria crociata bigotta - ha raggiunto livelli intollerabili. Ma egualmente intollerabile appare la mancanza di reazione dello schieramento politico di centro-sinistra, che troppo spesso è addirittura condiscendenza. Con l'oscena proposta di moratoria dell'aborto, che tratta le donne da assassine e boia, e la recente ingiunzione a rianimare i feti ultraprematuri anche contro la volontà della madre (malgrado la quasi certezza di menomazioni gravissime), i corpi delle donne sono tornati ad essere “cose”, terreno di scontro per il fanatismo religioso, oggetti sui quali esercitare potere. Lo scorso 24 novembre centomila donne – completamente autorganizzate – hanno riempito le strade di Roma per denunciare la violenza sulle donne di una cultura patriarcale dura a morire. Queste aggressioni clericali e bigotte sono le ultime e più subdole forme della stessa violenza, mascherate dietro l’arroganza ipocrita di “difendere la vita”. Perciò non basta più, cari dirigenti del centro-sinistra, limitarsi a dire che la legge 194 non si tocca: essa è già nei fatti messa in discussione. Pretendiamo da voi una presa di posizione chiara e inequivocabile, che condanni senza mezzi termini tutti i tentativi – da qualunque pulpito provengano – di mettere a rischio l'autodeterminazione delle donne, faticosamente conquistata: il nostro diritto a dire la prima e l’ultima parola sul nostro corpo e sulle nostre gravidanze. Esigiamo perciò che i vostri programmi (per essere anche nostri) siano espliciti: se di una revisione ha bisogno la 194 è quella di eliminare l'obiezione di coscienza, che sempre più spesso impedisce nei fatti di esercitare il nostro diritto; va resa immediatamente disponibile in tutta Italia la pillola abortiva (RU 486), perché a un dramma non debba aggiungersi una ormai evitabile sofferenza; va reso semplice e veloce l'accesso alla pillola del giorno dopo, insieme a serie campagne di contraccezione fin dalle scuole medie; va introdotto l'insegnamento dell'educazione sessuale fin dalle elementari; vanno realizzati programmi culturali e sociali di sostegno alle donne immigrate, e rafforzate le norme e i servizi a tutela della maternità (nel quadro di una politica capace di sradicare la piaga della precarietà del lavoro). Questi sono per noi valori non negoziabili, sui quali non siamo più disposte a compromessi.

PRIME FIRMATARIE: Simona Argentieri Natalia Aspesi Adriana Cavarero Cristina Comencini Isabella Ferrari Sabina Guzzanti Margherita Hack Fiorella Mannoia Dacia Maraini Alda Merini Valeria Parrella Lidia Ravera Rossana Rossanda Elisabetta Visalberghi"


domenica 17 febbraio 2008

venerdì 8 febbraio 2008

I bei tempi del papa re

Il Manifesto - 08 febbraio 2008

di: Marco d'Eramo

Nessuno quanto l'ineffabile pontefice Benedetto XVI esprime la soavità di questo nostro mondo postcoloniale, postrazziale, postcodino. Non contento di aver affermato che Galileo Galilei ebbe giusto processo, che (per interposta citazione) Maometto era un gaglioffo, ora si è lanciato in uno spericolato panegirico di Pio IX, papa dal 1846 al 1878, ricordato per aver restaurato il ghetto ebraico (abolito dalla repubblica romana), e per aver promulgato il «Sillabo» che condanna come diaboliche la libertà di coscienza e la libertà di scelta religiosa, e che considera razionalismo e secolarismo i massimi errori del nostro tempo.Il nostro amato pastore tedesco ha rivendicato il «luminoso insegnamento» di Pio IX, forse perché lo considera maestro e padre spirituale. Ma c'è un altro motivo. Per Ratzinger, che ha più e più volte dimostrato il dogma della fallibilità del papa, può essere di conforto appoggiarsi a un pontefice che, nel Concilio Vaticano I, impose con «metodi totalitari» il dogma dell'infallibilità. È una consolazione sapere che, anche quando le spari grosse, le spari infallibilmente.