giovedì 20 gennaio 2011

Al voto, in nome della dignità dell'Italia.

La fine dell'impero

Porto all'attenzione l'articolo di Peppino Caldarola, pubblicato su Il Riformista del 18 gennaio 2011, quale ulteriore contributo alla necessità di rispondere con chiarezza,lucidità e fermezza all'ennesimo tentativo di negare l'evidenza dei fatti, offendendo così, tra le altre cose, anche l'intelligenza di quegli italiano che non hanno ancora rinunciato a ragionare con la propria testa..

Da: IL RIFORMISTA

Qualsiasi alternativa è meglio di così


di Peppino Caldarola

Tutto è meglio di questa lenta consunzione della nostra vita civile: un altro governo, un altro leader della destra. Altrimenti decidano gli italiani




L'ultimo spettacolo è il peggiore. L’Italia meritava altro, persino il berlusconismo meritava un tramonto meno avvilente. Non è stata una dittatura, finirà come una dittatura. Non lo è stata perché c’era un’opposizione che ha vinto e sprecato la vittoria due volte, perché gli altri poteri dello Stato sono rimasti in piedi, perché il governo è stato conquistato con il voto. Finirà come una dittatura perché l’identificazione del potere con le avventure indecenti di un uomo privo di decoro sta avvolgendo in modo soffocante la vita civile del paese. Non serve retorica per descrivere la condizione in cui stiamo precipitando. Sappiamo solo che così non può più continuare.

Sarà la magistratura a stabilire se quel che vien fuori dall’inchiesta merita una sanzione penale. L’opinione pubblica non può invece rinunciare a giudicare quel che ha saputo. Giustamente il Quirinale parla di un «paese turbato» e il giornale dei vescovi, L’Avvenire, dà voce al disagio del mondo cattolico. La linea difensiva dei sostenitori del premier appare simile a quella degli ultimi cantori di un regime. C’è la chiamata a raccolta contro il nemico interno, l’appello alla disubbidienza verso altri organi dello Stato, la disinvoltura morale che veste di legittimità comportamenti che ciascuno considererebbe censurabili per un normale cittadino. Neppure loro, che dicono di difendere il premier, hanno indulgenza verso il degrado che sta emergendo. Parlano di spie, di escort, di festini come fossero il cuore della vita nazionale e chiedono agli italiani incollati davanti alla tv di testimoniare la loro solidarietà per le manie di un miliardario che ha perso il senso del limite. Un sovversivismo da parvenu anima questi facinorosi della maggioranza silenziosa.

Il dramma del Pdl, in questa ultima agonizzante versione, è l’inesistenza di uno spirito repubblicano nelle sue file. Non c’è nessuna voce che si levi a censurare l’immagine agghiacciante di un uomo malato esposto alle offese di un gruppo di escort, ai traffici in denaro dei suoi falsi amici, alla solidarietà di chi ha ancora bisogno di lui. Aveva ragione Veronica Lario, non ha amici, non ha gente che gli vuole bene. Lui chiuso nella sua torre d’avorio sogna l’impero perenne e quegli altri lo osannano spaventati dal futuro senza di lui e da quel nulla in cui ritorneranno. Quando si ascoltano i difensori d’ufficio del premier impaurisce la quantità di bugie che vengono offerte al dibattito pubblico sullo stato della democrazia nel paese pur di salvare il loro protetto-protettore. Offendono l’Italia per salvare il “vecchio porco” dallo “sputtanamento”. Anche il linguaggio che usano è in sintonia con il racconto dei verbali piuttosto che con il dramma politico in cui siamo precipitati.

Abbiamo pensato per anni di avere di fronte un avversario spigoloso, capace di far sognare milioni di italiani e ci siamo interrogati e divisi sul modo di contrastarlo fra chi privilegiava la via politica e chi sceglieva il messaggio etico-morale. Berlusconi e il berlusconismo sembravano avere una loro grandezza, qualcosa che avrebbe segnato comunque il nostro tempo. Quella che appare in queste ore è invece l’immagine di un leader concentrato sulle sue manie, circondato da gente di avventura, sostenuto da un personale politico terrorizzato dall’idea che stia suonando la campanella dell’ultimo giro. Le sue parole e quelle dei suoi sostenitori sono persino più gravi di quel che emerge dall’inchiesta milanese. C’è la rivendicazione di uno stile di vita da basso impero in una stagione in cui la grande maggioranza della popolazione sta male, e c’è l’appello a una sorta di rivolta civile contro lo Stato. L’Italia sembra precipitata indietro di secoli. Nell’anniversario del 150° dell’Unità sembra pretendere la prima scena una nuova corte borbonica che chiama alla rivolta quelli che stanno peggio e mobilita la gente di mano per rivendicare una legittimità perduta. La storia valuterà l’avventura politica di Berlusconi, ma non potrà fare a meno di prendere atto che la sua caduta assomiglia a un cinepanettone. Di Ruby e delle altre poco ci importa, così come di Lele Mora e di Emilio Fede. Non è di loro che vogliamo parlare. Il rischio che corriamo come comunità civile è quello di lasciar refluire queste acque fetide sul letto del fiume della storia nazionale. La resistenza di Berlusconi e dei berlusconiani a prendere atto che la situazione è insostenibile può travolgere il paese.

Così non si può andare avanti. È il momento di decisioni che influiranno sul nostro avvenire. Ci rivolgiamo a quel mondo di destra che ha creduto nel premier e nelle sue “riforme liberali” perché confronti le promesse con la realtà, a chi ha pensato che la vita esagerata di un leader fosse il prezzo giusto per rompere le regole della vecchia politica. Quella che vediamo è la politica più vecchia del mondo, un episodio dei tanti della storia della degenerazione di un potere che non vuole controlli e modifica in modo avvilente lo spirito pubblico. Tutto è meglio di questa lenta consunzione della nostra vita civile. Se c’è qualcuno del vecchio mondo berlusconiano che non ha ancora smarrito il senso dello Stato, è il momento che si faccia avanti. In gioco non è il tradimento di una lealtà politica ma il venir meno di un ruolo dirigente. Chi ha creduto nella destra berlusconiana può provare a proporre le proprie idee in un quadro politico depurato da questa consorteria che riesce persino difficile definire. È giusto che le opposizioni si rivolgano a quanti nel Pdl avvertono l’urgenza del momento ma è altrettanto necessario che non restino prigioniere di una risposta reticente. Le opposizioni devono trovare la forza di unirsi per reagire a questo avvilente spettacolo. Trovino l’accordo su una personalità al di sopra delle parti, di alto profilo politico e morale e chiedano il voto anticipato per mettere fine a questo scempio. Non si può più attendere. Il mito dell’invincibilità di Berlusconi è l’ultima bandiera che sarà sventolata in queste settimane. Molti leader politici temono che il precipitare della situazione verso lo scioglimento anticipato delle Camere e verso una lunga e durissima battaglia elettorale possa nuocere al paese. Preoccupazioni legittime che non tengono conto che l’unica cosa che fa davvero male all’Italia è il protrarsi di una crisi dai contorni oscuri. Se c’è un altro governo in grado di sostituire quello di Berlusconi ben venga. Se c’è un leader della destra che vuole partecipare allo sforzo di trarre l’Italia fuori da questo pantano colga il momento. Altrimenti decidano gli italiani.

martedì, 18 gennaio 2011

mercoledì 19 gennaio 2011

UN CONTRIBUTO ALLA CHIAREZZA

Porto all'attenzione l'analisi di Giuseppe D'Avanzo, pubblicata su Repubblica del 19 gennaio 2011, per la chiarezza con cui vengono raccontati i fatti, dai quali emerge una realtà che non può non essere giudicata ed eticamente condannata - al di là delle probabili implicazioni penali - e che deve costringerci tutti ad un moto di ribellione in nome non solo della dignità del nostro Paese e delle nostre Istituzioni, ma anche, e sopratutto, in nome della dignità personale di ognuno di noi, che può solo costringerci a reagire  di fronte all'ennesimo tentativo di eludere, cammuffare e distorcere la verità sino a negare l'evidenza dei fatti, tentando così, goffamente e spavaldamente, di eludere le implicazioni - ovvie, doverose e necessarie- che ne derivano.


DA REPUBBLICA:

L'affanno del sovrano e la fiaba del complotto


di :GIUSEPPE D'AVANZO

Claqueurs ripetono le solite mosse. Modificano il segno dei fatti accertati. Abitano lo stesso Palazzo lontano dal cuore del Paese. Appartengono alla stessa famiglia e sono feroci nella difesa dello status quo, ordinato intorno al Sovrano istupidito da una sexual compulsivity e dall'amore di sé, Nerone, Eliogabalo, maiestas indegna nel suo modo di essere, ridicola nelle sue fantasticherie, nei suoi gesti, nel suo corpo, grottesca nella sua sessualità.



Indifferenti alla meccanica del potere del Sovrano, maschere salmodianti organizzano quadri dove "vero/falso", "giusto/ingiusto", "corretto/improprio" sono qualifiche fluide e manipolabili. Vogliono che ogni figura logica svanisca nella nebbia e usano formule confusamente sonore, "accanimento", "deriva giustizialista", "attacco politico", addirittura "golpe". Ugole ubbidienti agitano addirittura il fantasma mentale del Complotto, fiaba degli impotenti, inganno degli irresponsabili che temono la realtà.



È comodo da ribaltare il vaniloquio. Non c'è alcuna "trappola". Nella gabbia Berlusconi s'infila da solo. Una puttana brasiliana lo avverte mentre è a Parigi in una cerimonia ufficiale: la sua Ruby è in Questura. Ruby è del Sovrano. Ha cominciato a vedersela intorno nel 2009: la fanciulla ha sedici anni. Balla la danza del ventre. Il Sovrano si diverte. Se ne incapriccia con l'anno nuovo, il 2010. Logico che si agiti quando lo allertano da Milano. Ruby è minorenne, è

nelle mani dei poliziotti, ha la lingua lunga, può rovinarlo. Solo in apparenza è irragionevole che sia egli stesso - presidente del Consiglio - a metterci riparo. Deve farlo per evitare che altri conoscano il segreto della sua relazione. Chiama il capo di gabinetto della Questura di Milano intorno alle 23.45 del 27 maggio. Già quest'intromissione avrebbe dovuto segnare la fine politica di un homme d'Etat. È un dettaglio che le ugole del Sovrano ignorano nel frastuono che organizzano. È un particolare decisivo, al contrario. Questa telefonata è l'incipit della storia e l'iniziativa che configura il reato di concussione. Lo si rintraccia quando un pubblico ufficiale (Berlusconi lo è) abusa della sua qualità o dei suoi poteri per indurre altri a un comportamento indebito. In questura da quell'ora della notte si scatena un inferno sul capo della funzionaria di servizio (Giorgia Iafrate). Riceve in 134 minuti (dalle 23.59.27 alle 02.14.12) quindici telefonate dai suoi superiori (12 dal capo di gabinetto, 3 dal dirigente dell'ufficio prevenzione, il suo capo): una telefonata ogni nove minuti. Quest'esorbitante pressione produce un frutto avvelenato. Un soggetto debole, una minorenne senza famiglia, senza fissa dimora, senza reddito che abitualmente si prostituisce, è sottratta alla tutela dello Stato con l'intervento abusivo del capo del governo che impone un comportamento scorretto ai funzionari della Questura. Alle 2.00 Ruby viene affidata a Nicole Minetti, incaricata del capo del governo, e da questa di nuovo consegnata a una prostituta brasiliana nonostante le indicazioni vincolanti del pubblico ministero. Soltanto dopo, alle 2.20.43, Giorgia Iafrate chiede di accertare la volontà della famiglia di Ruby e soltanto alle 04.00 i poliziotti incontrano i genitori della ragazza, che quindi non saranno mai interpellati, contrariamente a quanto viene riferito al pubblico ministero (è un obbligo ineludibile, hanno la patria potestà).



Nel mondo di cartapesta dell'Italia berlusconiana, maschere salmodianti ripetono "dove sono le prove?"; qualche sempliciotto ne è influenzato mentre le anime fioche dell'informazione afferrano quella domanda come un naufrago il legno (non sia mai che debbano prendere posizione e contraddire il potere). La prova della concussione di Berlusconi è evidente, salda, indistruttibile. Chiunque può vederlo. Accorti, non lo contestano gli avvocati del premier. Si tengono lontano dai fatti. Discutono di forme: era competente la procura di Milano? Rispondono di no, l'inchiesta è quindi illegittima. Istigano alla rivolta le teste di turco che straripano nei talk-show dove sfogano l'angoscia (è davvero al capolinea il Sovrano?) menando fendenti forsennati. Ignorano una regoletta: la giurisprudenza sostiene che il pubblico ufficiale (membro del governo) colpevole di concussione deve essere giudicato dal Tribunale dei ministri se la concussione è funzionale (lo sarebbe stata se in Questura avesse telefonato il ministro dell'Interno). Al contrario, se il pubblico ufficiale abusa non dei suoi poteri, ma della qualità del suo incarico (come nel nostro caso, Berlusconi) niente tribunale dei ministri.



La concussione è un delitto molto grave (12 anni il massimo della pena). Lo è soprattutto se, come in quest'affaire, si mostra aggravato da alcune circostanze. Berlusconi manipola la volontà e le condotte dei funzionari della questura per occultare un altro reato, il favoreggiamento della prostituzione minorile, e nascondere il "puttanaio" sotto il tetto di Arcore, "suscettibile di arrecare nocumento alla sua immagine di uomo pubblico".

Anche qui per affogare nell'oblio quel che è accaduto, gli avvocati si avventurano in un'acrobazia. Dicono: ammesso e naturalmente non concesso, che il favoreggiamento alla prostituzione minorile ci sia stato, è stato commesso ad Arcore, Monza. Quindi, competente non è Milano. È una mastodontica grinza, tanto più sorprendente perché i due avvocati del premier sono parlamentari. Stupisce che non ricordino come sia stato proprio questo governo, la loro maggioranza, a reintrodurre la competenza dei reati di violenza sessuale per le procure distrettuali. Quindi, nel nostro caso, a Milano.



Prima che la memoria deperisca e i fatti siano travolti dal rumore, conviene ordinare quali sono "le prove evidenti" dello sfruttamento della prostituzione minorile. Per venirne a capo, è necessario dimostrare: (1) che Ruby si prostituisse; (2) che Berlusconi, consapevole della minore età di Ruby, ha compiuto con la ragazza "atti sessuali" (3) ricompensandola. Dicono: dove sono le prove? La domanda è una corvée d'ossequio. Se si sanno leggere le 389 dell'invito a comparire, le prove si scovano. Un rosario di testimonianze dirette e documenti acustici confermano il "mestiere" di Ruby. La ragazza vende il suo corpo occasionalmente, quando ha bisogno di denaro o quando qualche agiato semplicione le capita a tiro. Succede anche con Berlusconi. Ruby è introdotta alla corte del Sovrano lungo i canali predisposti per accontentarne la sexual compulsivity. Emilio Fede (mente a gola piena e, in prima battuta, dice di non conoscerla, poi di non ricordarla) la scopre tredicenne a Messina. La indirizza al suo braccio destro nella "fabbrica del bunga bunga", Lele Mora. Il prosseneta la istruisce, la prepara e l'avvia al suo lavoro autentico mascherato in modo maldestro dall'impegno di cubista buono per pagare appena le spese di un paio di giorni al mese. Quando finalmente è pronta viene offerta al Drago. Ruby ha sedici anni. Un carabiniere che l'ha conosciuta in quel periodo riferisce che, è vero, prima del gennaio 2010 - dunque nel 2009 - Ruby era già stata a Villa San Martino due volte. Con il nuovo anno, la relazione con il presidente si fa più intensa. Dal 14 febbraio al 2 maggio 2010 Silvio Berlusconi e la teenager si vedono tredici volte. 14 (domenica), 20 (sabato), 21 (domenica), 27 (sabato), 28 (domenica) febbraio 2010; 09 (martedì) marzo 2010; 04 (domenica, Pasqua), 05 (lunedì dell'Angelo), 24 (sabato), 25 (domenica Festa della Liberazione), 26 (lunedì) aprile 2010; 01 (sabato, Festa del lavoro), 02 (domenica) maggio 2010. In settantasette giorni (dopo il fermo in questura del 27 maggio, sarà impossibile) il presidente pretende che la minorenne dorma sotto il tetto di Villa San Martino con una frequenza di una volta ogni sei giorni. È una prova solida della loro frequentazione. Bisogna ora dimostrare che ci siano stati "atti sessuali" tra il presidente e la ragazza. I caudatari chiedono come prova una fotografia, un video. Non è necessario.



È colpevole di favoreggiamento della prostituzione minorile "chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica". Gli atti sessuali possono anche non essere, nel caso dei minori, sesso tout court. Per giurisprudenza costante della Cassazione, è configurabile come "atto sessuale" anche una "palpazione concupiscente". Ecco allora perché in una sequenza logica ci si deve occupare delle malinconiche serate del Sovrano, di quei "bunga bunga" dove, secondo decine di testimonianze, "le ragazze si spogliano, si avvicinano al presidente disteso sul divanetto e a turno, o anche in gruppi di due o tre, si strusciano e si fanno toccare, assumendo un atteggiamento anche provocante e volgare con baci e strusciamenti". Le maledizioni dei corifei del Sovrano non riusciranno a cancellare quel che si vede. Ruby partecipa al sollazzo del premier. Quanto meno - e per la legge non occorre pretendere altro - subisce gli "strusciamenti" di quel signore di 76 anni, le sue "palpazioni concupiscenti". Sono "atti sessuali", Ruby è minorenne. Si comprende perché la procura di Milano creda di aver raccolto fonti di prova sufficienti per chiedere il giudizio immediato e chiudere presto questa triste vicenda. Appare addirittura un sovrappiù documentare il tentativo corruttivo di Berlusconi. Vuole chiudere la bocca alla ragazza. È in affanno e le promette di rivestirla d'oro. Ancora una volta è costretto a muoversi in prima persona e al telefono della ragazza arrivano nei mesi scorsi più o meno un centinaio di telefonate del presidente.



In qualsiasi altro Paese che abbia rispetto di se stesso e delle sue istituzioni, Berlusconi si sarebbe già dimesso. Se questo non avviene, non lo si deve alla tignosa "invincibilità" del grottesco Sovrano che ci governa, ma a una classe dirigente incapace di assumersi responsabilità civili, indifferente a un senso comune dell'appartenenza e all'onore. Lo si deve a una Nazione senza amor proprio. Le tracce di questa triste condizione, si scorgono nei co-protagonisti di quest'affare o nell'assenza di alcune corpi collettivi. È un bestiario dalle mille figure. Un ministro della Repubblica, Ignazio La Russa, apprende che Berlusconi si è inventato "una fidanzata" per uscire dall'angolo. Si precipita dinanzi alle telecamere di un telegiornale per giurare, senza arrossire, che "lui, lo sapeva da tempo". Un avvocato di grande reputazione a Milano, Massimo Di Noia, difende Ruby. Ruby è la parte lesa di un reato sessuale e appare assolutamente irrituale e anomalo (anche se non esplicitamente vietato) che egli si sia prestato a interrogare la sua assistita per conto dell'indagato. E bisogna escludere - perché vietato - che egli abbia richiesto per le investigazioni difensive dell'avvocato di Berlusconi "notizie sulle domande formulate o sulle risposte date" da Ruby ai pubblici ministeri che l'hanno interrogata.



Mostra l'esprit de société la quiete stagnante delle redazioni del Tg1 e del Tg4. Sono governate non da giornalisti, ma da reggicoda del Sovrano. Augusto Minzolini riscrive ogni sera la realtà del Paese governato dal Drago lisciandola da ogni increspatura, conflitto, notizia e accecando l'opinione pubblica. L'altro addirittura spande il denaro del suo giornale per far rientrare in tutta fretta dal Brasile due prostitute da accompagnare dal premier. Che cosa deve accadere perché le redazioni dei due giornali facciano sentire la loro voce, alzino la protesta per difendere il loro onore. Dove sono i sindacati di polizia? Perché non difendono quei funzionari di Milano, umiliati e vinti dall'arroganza del capo di governo. Perché tace la Chiesa? Perché è senza voce il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, mons. Mariano Crociata. Che già ebbe modo di dire (menava scandalo l'amicizia del Sovrano con la minorenne Noemi): "Assistiamo ad un disprezzo esibito nei confronti di tutto ciò che dice pudore, sobrietà, autocontrollo e allo sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile che invera la parola lussuria. Nessuno deve pensare che in questo campo non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di affari privati soprattutto quando sono implicati minori, cosa la cui gravità grida vendetta al cospetto di Dio". Esiste ancora un'Italia che abbia amor proprio?

(19 gennaio 2011)