venerdì 7 novembre 2008

Se una ragazza ha regalato due anni ad un albero, noi possiamo dedicare qualche ora all'ambiente.

La protagonista di questa storia si chiama Julia Butterfly Hill e ha solo 23 anni nel 1997. Decide di trascorrere con gli amici un periodo tra le valli e le montagne della costa Occidentale degli Stati Uniti, solo per fare sport e vedere dei posti incantevoli, pieni di colori e di alberi.
Un giorno, nella grande Redwood Forest in California, Julia scopre che la maggior parte di quel maestoso polmone verde sta per essere rasa al suolo. Julia, una ragazza molto sensibile, inizia a compatire ciò che sta per essere distrutto, cade a terra e scoppia in lacrime.
Provare compassione significa condividere un sentimento, ma in questo caso vuol dire anche dare voce al dolore di una creatura incapace di parlare. Julia ha mostrato cosa prova un albero quando decidono di ucciderlo e gli dicono che anche tutti i suoi amici moriranno con lui.
“Non ho un passato da attivista”, racconta la ragazza, “ma la notizia del disboscamento mi ha fatto sentire coinvolta. Subito.”
Piangere non cambia niente, così la ventitreenne dell'Arkansas passa subito all'azione. Sceglie l'albero che le piace di più, gli regala il nome “Luna” e si arrampica sul suo tronco, senza sapere che le fronde di Luna saranno la sua casa per due anni. Julia rimane lassù dal 10 Dicembre 1997 al 18 Dicembre 1999, per ben 738 giorni della sua giovane, importante vita. Cosa fa in tutto quel tempo?
Pensa, lotta e impara. Sembra incredibile, ma si può arricchire la propria conoscenza anche seduti in cima ad una sequoia, non per niente gli eremiti sono noti per la loro saggezza!
Ad ogni tentativo di farla scendere per procedere alla devastazione della zona, Julia stringe i denti e difende la sua Luna. Alla fine del '99 arriva l'accordo con la Pacific Lumber/Maxxam Corporation, che risparmia Luna e molti acri del terreno intorno a lei.

Una storia affascinante ed educativa, che porta con sé tanti buoni propositi ma, a mio avviso, anche molti dubbi.
Come può un giovane decidere di dedicare due anni solo ad una certa causa proprio nel periodo in cui deve darsi da fare a costruire le basi per il suo futuro? La risposta non la conosco, ma questo episodio fa comunque capire che il primo passo da compiere per diventare cittadini del mondo è chiarirsi le idee. Ad ogni età e qualunque sia il nostro passato.
Per aiutare servono sia dimostrazioni enormi, come proteste e marce, sia atti di coraggio e sacrificio simili a quello di Julia Butterfly Hill, ma anche i nostri piccoli gesti quotidiani.
Mi chiedo anche se esiste un modo per individuare l'equilibrio tra quello che stiamo facendo per noi e il tempo che dedichiamo al mondo intero. Penso che ognuno di noi debba “solo” impegnarsi nell'agire sempre di più e sempre meglio, anche nelle piccole accortezze quotidiane.
In Ungheria, dove mi trovo da Settembre, sono rimasta contrariata dall'assenza di bidoni per la raccolta differenziata. Dopo alcune ricerche, ho capito che esistono, ma solo in alcuni luoghi, peraltro non segnalati. Gli stessi operatori ecologici mi hanno più volte costretto a gettare le bottiglie di plastica nel mucchio dei rifiuti organici. Ieri, tuttavia, ho avuto una gradita sorpresa. Rincasando,infatti, ho notato due bidoni nuovi di zecca nell'atrio della mia palazzina. Uno blu e uno giallo, carta e plastica. Questo è un bel progresso per Budapest, ammesso che i rifiuti non vengano riuniti in seguito, nella discarica. Molte altre città, invece, investono nella promozione delle energie rinnovabili e in altre politiche ecologiche più avanzate. Il Governo può fare qualcosa, ma se nessuno partecipa i suoi provvedimenti servono a poco. I cittadini devono comportarsi come le città, procedere per gradi.
Chi ancora getta la spazzatura in unico cestino può iniziare da questo. Gli altri che già la dividono, ma buttano le cartacce per terra se sono fuori casa possono imparare a tenersele in tasca finché non trovano un secchio. I migliori, quelli che pensano all'ambiente, ai senza tetto, agli anziani rimasti soli, ai bambini malati e agli animali in via d'estinzione, devono capire come possono coinvolgere altre persone in quello che stanno facendo. La solidarietà richiede fatica, più della stesura di un Curriculum Vitae, ma ha a dir poco la stessa importanza e offre premi duraturi e basilari.
A che serve guadagnare 2000 Euro al mese, per esempio, se poi non possiamo fare il bagno al mare perché l'acqua è troppo sporca?


“Il punto è che noi non solo possiamo fare la differenza, ma facciamo la differenza. Ognuno di noi ha il potere di curare o ferire, di essere un eroe o un distruttore – in ogni momento, con tutti i respiri di ogni giorno.” Julia Butterfly Hill

giovedì 6 novembre 2008

QUANTO CONTANO REALMENTE LE DIFFERENZE TRA OBAMA E BUSH?

Da: http://www.comedonchisciotte.org

DI ANDREW GEBHARDT
Counterpunch

Obama non è identico a Bush e McCain, e le sue differenze, sia retoriche che reali, contano: quanto contino dipende dalla vostra prospettiva.

Negli Usa viviamo in una cachistocrazia, una società governata dai suoi peggiori elementi. In questa terra di latte e miele lo schifo sale a galla. Se l'amministrazione Bush è la dimostrazione di questa velenosa verità, molti sperano che una presidenza di Obama fornisca l'antidoto. Nella sua storica campagna elettorale, il termine "speranza" è stato, in modo sorprendente, il giusto motto, assieme con il termine "cambiamento" e alcuni altri sentimenti positivi. Non c'è dubbio che una salutare dose di speranza e cambiamento possa fare molto bene al paese e al mondo, ma riconosco anche che si tratta di retorica da campagna elettorale. Le campagne politiche hanno da tempo riconosciuto la presenza di un'opinione pubblica affamata di speranza e cambiamento, questo è il motivo per cui Jesse Jackson coniò la frase "manteniamo viva la speranza" e Bill Clinton mentì sulla sua città di origine in modo da presentarsi come "l'uomo di Hope [speranza n.d.t.], Arkansas". Successivamente Clinton (che il compianto James Laughlin soprannominò "Smiley" [" il sorridente" n.d.t.]) tradì le promesse della sua campagna elettorale, deluse per quanto riguarda la salute pubblica, pose fine ai programmi di welfare, istigò omicidi di massa contro l'Iraq, e così via. Oggi, dopo altri otto anni di bugie e randellate da parte del regime cleptocratico di Bush, fatto di guerrafondai e gangster, chi non è pronto per un po' di speranza e di cambiamento? Persino i sostenitori di McCain e Palin sembrano poggiare la loro speranze sul fatto che la loro dinamica coppia porti alcuni cambiamenti a Washington. Il problema è che la retorica da campagna elettorale è stata completamente estrapolata dalla realtà. Le campagne di Nader, Mckinney e Barr offrono veramente alcune prospettive alternative, e una qualche vera speranza e cambiamento, ma i loro programmi sono stati ignorati, tranne che per presentarli come possibili cause della rovina di una eventuale vittoria Democratica (ma non democratica). Gli entusiasti di Obama tendono a scocciarsi o a deprimersi quando vengono fatte notare le somiglianze sue con Bush e McCain--per quanto riguarda il "piano di salvataggio" di Paulson, l'espansione della guerra in Afganistan, la genuflessione alla lobby israeliana, la ri-autorizzazione del Patriot Act, l'assegnazione dell'immunità a chi ha compiuto spionaggio nelle telecomunicazioni, e così via. Ma Obama non è identico a Bush e McCain, e queste differenze, sia retoriche che reali (come la sua posizione in favore della libera scelta [in materia di aborto n.d.t.]) contano. Quanto contino dipende dalla vostra prospettiva. Come molte persone penso che sarebbe bello avere un presidente che riesce a parlare per frasi compiute, è vissuto all'estero, ammette di essersi fumato uno spinello ed è anche afro americano. Riconosco che queste sono semplicemente qualità personali che attirano alcuni, allarmano o disgustano altri ed hanno al massimo un lascito simbolico sulla sostanza politica di una presidenza Obama/Biden. Come molte persone non riesco nemmeno a guardare o ad ascoltare Bush, con il suo ghigno, la sua risatina soffocata e la sua spavalderia da sangue blu. Ma che sia la notevole coppia Bush/Cheney, la geriatrica, belligerante e timorata di Dio coppia McCain/ Pain, o quella favorita dall'establishment, cioè Obama/Biden, vedo che queste persone sono in gran parte dei prestanome sulla prua di una nave che barcolla. O, per scegliere una metafora più adatta per questa che è stata la più costosa campagna elettorale della storia, Obama/Biden sono l'etichetta attaccata al prodotto chiamato " America". Proprio alla vigilia di quella che sembra una imminente vittoria di Obama, questi probabilmente sembrano sentimenti sprezzanti e guastafeste, lo riconosco. Scusatemi amici. Si può dire qualcosa per attribuire una qualche autentica speranza e cambiamento?"Esperar" in spagnolo significa sia " sperare" che " aspettare". Per molti latinoamericani, che hanno assistito a un'offensiva fatta da decenni di dittature e neoliberismo, queste sono emozioni attorcigliate in modo familiare. Un vero cambiamento significa combattere e costruire dalla base, come c'insegnano gli eventi di tutta l'America Latina, così come della nostra stessa storia. Non significa aspettare pazientemente e docilmente che qualcuno salti su una carrozza e pronunci la parola "CHANGE"! Significa lavorare diligentemente per fare in modo che accada. Abbiamo dimenticato come funzioni e che sapore abbia questo compito? Nonostante tutto sono in qualche modo speranzoso, lo ammetto. Non per quanto riguarda una presidenza Obama/Biden, sebbene debba dire che, per ragioni superficiali, sembrano più tollerabili di una presidenza McCain/Palin. Quello che spero è che l'ondata di appoggio per la campagna elettorale di Obama indichi una profonda trasformazione dell'opinione pubblica Usa. Spero che la gente maturi un disincanto per il suo riproporre ancora di più le stesse vecchie politiche, e si organizzi per un qualche vero cambiamento--chiedendo la fine di queste guerre, la fine delle elargizioni a Wall Street, la riduzione del budget del Pentagono, investimenti nelle infrastrutture, un incoraggiamento ad un'economia più ecologica, la fine della delocalizzazione del lavoro, ecc. ecc--tutte idee che hanno un appoggio popolare.
Ma l'appoggio, sino ad oggi, non si è tradotto nell'organizzarsi, nel cambiare le istituzioni che attualmente tolleriamo o nel crearne di nuove. Non è ingenuo lavorare per queste cose, aspettarle e sperare che arrivino. Continuare a inchinarsi di fronte agli specchietti per le allodole che produce il nostro sistema, accettare il peggio, è in gran parte una questione psicologica, e nel campo della psicologia il trionfo psicologico di speranza e cambiamento conta. È facile sentirsi scoraggiati, ed è perciò una tentazione rimanere catturati dalla retorica della speranza. Sebbene abbiamo vissuto sotto il governo dei peggiori, non deve sempre essere così. Stanchezza, pigrizia e cinismo sono i nostri peggiori nemici. Risvegliarsi alle possibilità di un'autentica speranza e di un autentico cambiamento significa sfidare i leader, e significa, ogni giorno, un difficile lavoro di base che alcuni, ma non ancora abbastanza tra noi, fanno. L'aspetto più promettente del messaggio di "speranza e cambiamento" di Obama potrebbe essere che la gente veda queste parole per quello che sono, e richieda a chiunque ottenga l'incarico che alcune politiche reali giustifichino queste emozioni fragili e necessarie a cui molti di noi si aggrappano.

Andrew Gebhardt può essere contattato all'indirizzo gebhardtandrew@hotmail.com
Titolo originale: "How Much Do the Differences Between Obama and Bush Really Matter? "Fonte: http://www.counterpunch.org
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03.11.2008
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ALCENERO